Sezione RICERCA :: Indagini NON INVASIVE :: LAMPADA di WOOD



La lampada di Wood: un utile strumento di indagine?

articolo a cura di
Mariella Lobefaro

Nella diagnostica scientifica, tra le indagini non invasive – cioè quelle che non prevedono un prelievo di materiale dal dipinto, vi è la cosiddetta “lampada di Wood”, il nome deriva dal fisico americano che nel 1913 riuscì a costruire una lampadina a vapori di mercurio emettente solo radiazioni ultraviolette. Questa fonte di radiazioni viene anche chiamata semplicemente U.V. o lampada U.V. e talvolta “luce ultravioletta”.
La lampada di Wood (foto 1) ha molti campi di applicazione, quali ad esempio la verifica dell’autenticità della carta moneta o la purezza delle fibre costituenti un tessuto o un filato.


foto 1
Lampada di U.V portatile

Nel nostro campo – la consulenza tecnica in materia di opere d’arte – è utilizzata principalmente nella fase di accertamento dello stato di degrado dell'opera e, più in particolare, nella verifica dell'esistenza e dell'estensione delle aggiunte posteriori sulla vernice originale e, sovente, anche sotto la vernice posta dopo un restauro.

La fluorescenza U.V
Un oggetto colpito dai raggi ultravioletti può rifletterli o assorbirli (foto. 2) in maniera differenziata a seconda dei materiali di cui è composta la sua superficie e dalla quantità di tempo passato dalla loro esecuzione. Generalmente più una materia è antica più riflette (emette) fluorescenza, più è recente più assorbe perché con l’invecchiamento si formano fra leganti e pigmenti delle reazioni chimiche che rendono questi composti più fluorescenti, mentre le reintegrazioni pittoriche più recenti, dove queste reazioni non hanno potuto aver luogo, appaiono come macchie opache e poco fluorescenti (foto 3).


foto 2
I vasti residui di vernice originale ossidata emettono fluorescenza, la sua rimozione emette assorbimenti (vedi nella foto punto 1)
foto 3
Assorbimento chiaro dovuto a recente stuccatura

La comparazione a luce radente
Un utile confronto delle zone esaminate con gli U.V. è quello della luce radente (foto 4 e 5).


foto 4 e 5
Comparazione a luce radente e differenze di assorbimenti degli U.V.

Ponendo l’opera a fianco di una fonte luminosa, come ad esempio i raggi solari, consente di comprendere meglio gli interventi posteriori individuabili anche per il dislivello della superficie. Comparando le foto 4 e 5 si nota come un ritocco sopra pellicola originale, non rilevabile dalla luce radente venga evidenziato dagli U.V. E’ quel cerchietto viola chiaro sulla punta del naso. Il fatto che l’assorbimento degli U.V. sia meno intenso dell’integrazione nella commettitura (connessione delle due assi) è dovuto al fatto che nel secondo caso vi è anche stuccatura e perciò maggiore materia recente mentre nel primo caso solo lieve ritocco pittorico per dare più luce al bianco originale ingiallito dalla ossidazione della vernice finale. Questo assorbimento più chiaro da certezza all’esaminatore che al disotto di questo vi è ancora la pellicola originale.

Assorbimenti da particolari pigmenti e da consumi della vernice originale
I pigmenti a base di ossidi di rame assorbono la vernice originale e pertanto su quelle campiture non sarà possibile vedere la stessa fluorescenza emessa dalle aree circostanti, nella foto 6 il tendaggio e gli abiti dei due apostoli di sinistra sono eseguiti con pigmenti a base di rame. Per non confondere il colore originale dal ritocco posteriore, è necessario verificare sempre a luce naturale se i panneggi o le campiture sono di colori dalla tonalità verde scuro o verde-bluastra (foto 7).
La consunzione della vernice può avvenire per sfarinamento dovuto alla sua cristallizzazione (foto 8), per abrasioni da traumi, per puliture superficiali o tentativi di pulitura ma anche per antica devozione: le aree baciate o toccate con frequenza ad esempio.


foto 6 e 7
Fluorescenza di vernice originale e due diversi ma simili assorbimenti di U.V
foto 8
L’ingrandimento evidenzia gli assorbimenti da perdita di vernice per sfarinamento.

Spesso la luce riflessa nero-bluastra viene interpretata come ritocco posteriore. Per evitare confusioni va tenuto presente che nelle abrasioni mancano del tutto i segni tipici della pennellata che invece troviamo sovente evidenziati dagli assorbimenti degli U.V con grande chiarezza (foto 9).


foto 9
Le pennellate evidenziate dagli assorbimenti degli U.V.

Molto spesso può accadere che la rimozione a solvente della vernice originale solo in particolari aree del dipinto viene interpretata come ridipintura. In questi casi, per evitare confusioni, vanno cercate sulla zona pulita le piccole tracce di fluorescenze determinate dai residui di vernice. Nella foto 10 è possibile notare che la tonalità della fluorescenza è simile nei residui, rimasti sull’occhio della Vergine, alla tonalità di fluorescenza della vernice ossidata non rimossa.
Spesso gli U.V. consentono di vedere le iscrizioni consunte o le stesure di colore originale rimosse
(foto 11).


foto 10
Sono visibili sull’occhio della Vergine fluorescenze da residui di vernice.
foto 11
Lettura delle iscrizioni facilitata dagli U.V.

Differenti tonalità delle radiazioni U.V.
Le differenti fluorescenze osservabili con una lampada U.V sono in funzione non solo dal tempo che è trascorso da quando questi materiali sono stati applicati, ma variano anche in base alla composizione chimica delle varie sostanze che costituiscono la vernice protettiva e i ritocchi pittorici. Una vernice finale a base di resine (soprattutto usata sui dipinti ad olio, sulle icone italo-cretesi e talvolta greche) come dammar, mastice, sandracca e coppale emette fluorescenze (foto 6 e 10) con tonalità giallo-verde; una vernice a base proteica come il bianco d’uovo (foto 12) colpita dagli U.V. restituisce fluorescenze dalla tonalità aranciata mentre vernici a base oleosa, come l’olifa, danno tonalità bruno-dorate (foto 13).


foto 12
La verniciatura a base proteica restituisce una fluorescenza dalla tonalità aranciata.
foto 13
La vernice a base di olio di lino ha fluorescenza bruno-dorata.

Lo stesso vale per ridipinture e ritocchi: l’acquerello restituisce una tonalità azzurrino-violetta, la tempera all’uovo una tonalità aranciata, l’olio dal viola chiaro al viola scuro fino ad apparire nero-violaceo se il ritocco è recentissimo. Nella foto 14, sulla fronte del profeta Elia si nota un ritocco pittorico eseguito con tempera all’uovo, nel profeta reiterato (quello in ginocchio) sul mantello bianco si nota un assorbimento violetto-azzurrino dovuto ad un ritocco ad acquerello.


foto 14
Ritocco ad acquerello e a tempera all’uovo.

Boxino.
Quest’articolo nasce da una violenta discussione con una storica dell’arte la quale, affermando di rilasciare certificati di autenticità sulla semplice base di un fotocolor (pertanto senza esaminare dal vero l’opera), sosteneva che la Lampada di Wood non serviva a nulla poiché esistono vernici protettive che non consentono di verificare gli interventi posteriori sottostanti.
Ammessa l’invero rara esistenza di queste vernici, che coprendo uniformemente l’opera dovrebbero comunque mettere in sospetto, lascio all’attento lettore giudicare l’effettiva efficacia di questo semplice strumento d’indagine.